chiama:0523.836833

Cortemaggiore

Cortemaggiore è un esempio unico di “Città creata”, ossia di modello urbanistico pensato secondo uno schema unitario, con rapporti e dimensioni accuratamente studiati, per ottenere un equilibrio formale di spazi e volumi che solo la grande innovazione culturale del XV e XVI secolo poteva portare. Ecco perché si può certamente parlare di “Utopia”, di desiderio di trasmettere, nella forma più ambiziosa ed evidente quella cultura filosofica e scientifica che si va imponendo nelle Corti del Rinascimento; è ovvio che poter concretizzare addirittura in una Città questi nuovi criteri non è cosa di poco conto. Cortemaggiore, una città chiamata Utopia, figlia dell’ingegno e della splendida apertura mentale di Giovanni Lodovico e Rolando Pallavicino. Da nucleo storico, antico e primigenio dello Stato Pallavicino, all’abbandono dopo la rovinosa sconfitta di Oberto il Grande, alla rinascita gloriosa nel disegno di Maffeo da Como, inviato dal Duca di Milano a disegnare quella Capitale “a misura d’uomo” che Leon Battista Alberti andava teorizzando per le nuove corti del Rinascimento: centri d’arte e cultura ancor prima che di potere.

Palazzo residenziale

La più significativa testimonianza dell’utopia pallavicina a Cortemaggiore è il palazzo residenziale, che i marchesi costruirono staccato dal castello, come fecero i Montefeltro a Urbino. Il palazzo di Cortemaggiore infatti, come la reggia di Urbino, esternamente ha l’aspetto d’una fortezza, con una cortina di mura e un fossato collegato al circuito della città, due torri che guardano verso la campagna - dalla parte del paese c’era il castello - ed un possente rivellino a proteggere l’ingresso dotato di ponte levatoio. All’interno, però, esplode la magnificenza del Rinascimento: nonostante la costruzione sia coeva a quella della Basilica e della Chiesa francescana, le arcate sono a tutto sesto, sostenute da colonne sottili ed eleganti in granito; a fare da marcapiano fra l’ordine inferiore e quello superiore del loggiato una trabeazione illeggiadrita da decorazioni in cotto con medaglioni recanti l’effigie di Rolando II e della sposa Laura Landi, all’apice delle arcate superiori una serie di sottili cornici in cotto, con medaglioni riproducenti il busto di Oberto il Grande, antico signore della Città. Tre lati del cortile sono porticati; il quarto, quello ove si trova l’appartamento nobile, è privo di loggiato ed è dotato di un vasto portale d’ingresso - visibile tutt'oggi - ornato di splendide decorazioni in cotto, anch’esse tipiche del tardo ‘400. Incorporata nelle mura di questa ala del palazzo una possente colonna ottagonale in mattoni, che sostiene un arco a tutto sesto, probabile resto della fortezza di Oberto, sulle cui rovine - quasi per un senso di nemesi - Rolando II ha voluto costruire la sua reggia. Nel 1502 Rolando II impianta nel palazzo una stamperia, chiamando a dirigerla Benedetto Dulcibello da Carpi, allievo di Guttenberg. Anche l’ultimo marchese dell’intero Stato Pallavicino, Sforza di Cortemaggiore, abbellirà il palazzo con nuovi affreschi e decorazioni, mantenendo l'usanza, istituita dai suoi avi, di aprire agli studiosi la munitissima biblioteca di famiglia. Nel 1630 i duchi Farnese, nell’intento di sfuggire alla peste che stava decimando Piacenza, si rifugiano a Cortemaggiore, nel palazzo Pallavicino e qui, fra il tripudio dei sudditi (forse dovuto più all’aver scampato il pericolo della peste che al lieto evento) nasce l’erede del ducato di Parma e Piacenza: Ranuccio II Farnese. Nel 1752 Enrichetta d’Este, con il marito Leopoldo d’Assia, acquista il palazzo Pallavicino e fa eseguire notevoli lavori di modifica; è infatti in questo periodo che all’interno di un’ala del palazzo viene ricavato un teatro per rappresentare le opere più care alla Principessa: le commedie di Carlo Goldoni. È Goldoni stesso, nelle sue memorie, a riferire d’una visita fatta ad Enrichetta nel palazzo di Cortemaggiore – ch’ella chiama “sua casa di delizie” - per presentare le nuove commedie e vederle in scena nel teatro interpretate dai cortigiani. Da Enrichetta d’Este in poi il palazzo Pallavicino verrà detto anche “Palazzo della Principessa”.

Basilica di Santa Maria delle Grazie

Il più imponente edificio religioso di Cortemaggiore, la Basilica di S. Maria delle Grazie e S. Lorenzo, ha pianta a croce latina, con tre navate sormontate da volte sostenute da archi in stile ancora gotico, ossia a sesto acuto e risponde ai criteri geometrici e di rapporti spaziali delle grandi chiese gotiche: la navata centrale è infatti larga il doppio delle laterali, assai più alta (circa 20 metri) ed esistono rigorosi rapporti matematici fra le dimensioni del braccio centrale, del transetto, delle navate minori e le rispettive altezze; la Basilica, iniziata a costruire nel 1480, subisce notevoli modifiche nel corso dei secoli: innanzitutto al momento della consacrazione, nel 1497, sono terminate solo due delle quattro campate previste, e l’ingresso principale è collocato sul lato sud dell’edificio, dove ancor oggi restano tracce dell’antico pronao quattrocentesco - poi occluso - e d’un porticato del 1200, inglobato nelle costruzioni rinascimentali, certamente parte del centro cittadino all’epoca di Oberto il Grande. Nel 1499 Rolando II Pallavicino chiama a dipingere la grandiosa “macchina” pittorica dell’altare maggiore Filippo Mazzola (padre del Parmigianino) che lascia un altissimo segno della propria arte nelle grandi tavole. Una nota di curiosità riguarda la cappella del SS. Sacramento (a sinistra dell’altar maggiore) ed è dovuta al quadro di Francesco Scaramuzza “La Vergine degli Angeli”, dipinto nel 1847: fu questo dipinto ad ispirare a Giuseppe Verdi l’omonimo coro de “La forza del Destino” (v. Ambrogio Pariset: Dizionario Biografico dei Parmigiani Illustri e Benemeriti).

Convento e Chiesa dei Frati Francescani

Il convento e la chiesa dei francescani vengono iniziati nel 1487, per obbedire al legato testamentario di Giovanni Lodovico Pallavicino che dettò al figlio la condizione di erigere “nella detta terra di Castel Lauro (nome che Rolando II diede alla città in onore della moglie Laura) una Chiesa ed un convento con otto casamenti idonei alla continua abitazione di venti frati”. Così Rolando II da un grandissimo impulso a questa fabbrica, convocando subito i francescani per i suggerimenti che avessero ritenuto opportuni e, nel 1499, dopo soli dodici anni, la chiesa ed il convento sono terminati e la solenne consacrazione ha luogo: il titolo della chiesa è identico a quello del monastero di Busseto, S. Maria degli Angeli. Nella chiesa, poi dedicata all’Annunciata, si trova la più importante opera d’arte di Cortemaggiore: la cappella gentilizia dei Pallavicino, affrescata dal Pordenone. Al centro, sopra l’altare, la tavola di “S. Anna tra i dottori” - copia del Carracci che sostituì l’originale del Pordenone, oggi a Capodimonte; lo sfondo del quadro richiama le “stanze di Raffaello” negli appartamenti vaticani ed è pura testimonianza di quello spirito innovatore che il Pordenone aveva riportato dal viaggio a Roma, ove vide anche la Cappella Sistina. Tutte le figure della pala d’altare tendono verso l'alto con il loro sguardo, in special modo S. Anna, ad ammirare quello che può essere ritenuto il momento più alto raggiunto dal Pordenone nelle sue opere: la volta del santuario, illusoriamente aperta verso un cielo blu cobalto, con un grappolo di nubi che discende a dare ombra alle figure dipinte lungo il cornicione e, al centro, l'Eterno Padre, benedicente, accompagnato da una schiera di angioletti, in un vortice di movimento e di ieratica maestosità che solo dalla “creazione dell’uomo” della Sistina può essere stata ispirata. Lungo l'alto cornicione della cappella, figure di sibille e profeti, inserite in profonde nicchie che donano una ancor maggiore tridimensionalità prospettica al soffitto, facendolo apparire grandemente più alto e vasto; al centro del tamburo della volta, sopra la pala d’altare, Giovanni Battista, sovrastato dalle nubi che accompagnano la discesa di Dio, quasi presagio del ruolo che il Santo avrà nella vita sia di Maria che di Gesù. Alle pareti, maestose e potenti, immagini a figura intera, a grandezza più che naturale, di profeti che hanno parlato della Concezione e di Maria: Origene, Salomone, Cirillo e Cipriano.

Casa della Misericordia

L’edificio civile più significativo dell’epoca di Rolando II, oltre al castello ed al palazzo residenziale, è la “Casa della Misericordia”, voluta dallo stesso Rolando nel 1495 per sovvenire alle necessità dei poveri dello Stato e per adempiere nella forma migliore ai legati testamentari del padre. Con dodici posti letto, ognuno dotato di una cortina in tela nera per salvaguardare l’intimità del malato, questo edificio, per funzionalità e scopi rappresenta veramente l'archetipo di tutto ciò che oggi andrebbe sotto il nome di assistenza sociale. Già allora, infatti, vi alloggiava un medico stipendiato, si provvedeva per medicinali e mezzi di sostentamento, si ospitavano addirittura i pellegrini, curandoli se del caso e comunque nutrendoli per tre giorni. Inoltre i Rettori della “Casa della Misericordia e dei poveri di Cristo” - questa la denominazione completa - erano tenuti a distribuire settimanalmente pane cotto alle porte della città per tutti i poveri dello Stato Pallavicino e, mensilmente, farina e vino; non solo, dovevano provvedere al sostentamento dei frati francescani e a fornire di dote le fanciulle povere in età da marito e di buona reputazione; dovevano donare una culla, una pelliccia ed una somma in denaro alla madre che avesse partorito una figlia femmina nel giorno più vicino alla natività di Maria ed un figlio maschio nel giorno più vicino al Natale; dovevano stanziare ogni anno una forte somma per la riabilitazione di un “povero, misero carcerato” - sono le esatte parole di Rolando II - detenuto nelle prigioni di Cortemaggiore. È illuminante il proemio che il Pallavicino detta per gli “Statuti dello Stato di Cortemaggiore”: «...essere dovere di ogni governo vigilare sui pubblici e privati interessi, onde i sudditi non abbiano a soffrire e tutelare la vita e i costumi dei privati, assicurando, con buone leggi ed istituzioni, la felicità dello Stato». Ma è Castel Lauro-Cortemaggiore il risultato più importante raggiunto dalla signoria pallavicina, la città nuova, la capitale culturale ed artistica dello Stato, in grado di rivaleggiare con le più famose corti del Rinascimento, perpetuando nel tempo queste attenzioni, non solo per edifici, monumenti ed opere d'arte, ma per il benessere dei cittadini e, soprattutto, dei più deboli.

Chiesa di San Giuseppe

La chiesa di S. Giuseppe viene edificata ad opera della Confraternita dello Spirito Santo, sui ruderi d’un antico oratorio suffraganeo della Pieve di S. Martino in Olza nel 1576. L’interno è semplice, con pianta basilicale - per quanto in scala ridotta - a tre navate, con un vasto presbiterio e due piccole cappelle laterali, poste a metà di ciascuna delle navate minori. Verso la fine del 1600 S. Giuseppe assunse l’aspetto unico dell’interno che oggi la contraddistingue: infatti i maestri stuccatori cremonesi Bernardino Barca e Domenico Dossa eseguono una straordinaria decorazione che ricopre tutte le superfici dell’oratorio, comprese le colonne e le volte; a chi si aspetti di trovare in questa grandiosa “macchina” decorativa le ridondanze e gli eccessi tipici del barocco, S. Giuseppe riserva una piacevolissima sorpresa: l’intero impianto compositivo è di tale leggiadria e volubilità che addirittura amplifica lo spazio, anziché comprimerlo ed è nelle figure di maggiori dimensioni, per paradosso, che i due artisti raggiungono un plasticità eterea che da l’illusione di un rincorrersi degli ornamenti e dei personaggi che poco o nulla ha da spartire con le pesantezze e le leziosità cui il barocco affidava l’ornato. Nella controfacciata un affresco raffigurante “Lo Sposalizio della Vergine” databile attorno alla fine del 1500. Nella piccola cappella della navata sinistra una “Pentecoste” del cremonese Andrea Mainardi detto “Il Chiaveghino” commissionata dalla Confraternita in memoria della scampata peste del 1630. Sopra la cantoria, al lato destro del presbiterio, un grande tela di Giovanni Battista Tagliasacchi - il grande pittore fidentino - raffigurante “Il transito di S. Giuseppe” dipinta, assieme alle due più piccole, che hanno per tema storie della Sacra Famiglia, poste all’interno delle due porte minori, nel 1722.

Isabella Pallavicino

Sono due le marchese Pallavicino che portano il nome di Isabella: la prima, nacque a Pellegrino Parmense nel 1257, figlia di Guido il Templare, marchese anche dell’isola di Bodonitza in Grecia. Isabella, che andò sposa a un potente nobiluomo greco, è più conosciuta all’estero che in Italia come prima donna europea a essere, non solo poetessa, ma soprattutto “trovatrice”, ossia “cantautrice ante litteram”: professione che, all’epoca, era retaggio esclusivamente maschile. Siccome anche allora erano in voga le sfide fra trovatori, Isabella si batté, proprio nell’isola greca di Bodonitza, dove aveva accompagnato il padre per andare sposa, contro il famoso trovatore di origini franche Elias Cairel. La seconda Isabella nasce nel 1549 a Cortemaggiore ed è figlia di Girolamo Pallavicino, signore dello Stato. Fu una delle dame più colte e raffinate del suo tempo. Amò soprattutto la poesia e Niccolò Secchi le dedicò la commedia “Il Beffa.” Scambiò una fitta corrispondenza con il letterato Marco Antonio Guarini e fu tra i fondatori dell’“Accademia degli Innominati” di Parma. Fece stampare a proprie spese una delle prime edizioni della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso e fece della rocca di Soragna, della quale sposò il signore Giampaolo II Meli Lupi, un cenacolo intellettuale.

In un vecchio testo si leggeva che «gli abitanti di Cortemaggiore passeggiano in una grande reggia quattrocentesca dalle mura enormemente dilatate»; pare questa la definizione più calzante per la piccola, splendida Capitale pallavicina, una Città “a misura d’uomo”, anche attualmente vivibile e confortevole, con ampie strade e spazi che denotano una lungimiranza inusitata, pensando ai tempi in cui sono stati concepiti. La testimonianza viva e vitale del più fulgido periodo che la storia italiana abbia mai vissuto, per le arti e per il vero progresso della civiltà: quel Rinascimento di cui Cortemaggiore è il fiero vessillo innalzato dai Pallavicino nel cuore del loro piccolo Stato: un’avventura, un sogno che dura da cinquecento anni, nelle opere d’arte, nei monumenti e, soprattutto, nella grande tradizione d’umanità della nostra gente.

testi di Egidio Bandini

fotografie di Fabio Lunardini

Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti inseriti in questa pagina senza previa autorizzazione

© 2017 Trattoria Antica Corte della Botte snc - P.iva: 00950620336 | Privacy Policy

Realizzato da G2000 Informatica
Prenota un tavolo






Che caratteri leggi?
  
Cambia Immagine

Cliccando invia,
autorizzo il trattamento dei miei dati
personali, ai sensi del D.lgs. 196 del
30 giugno 2003, secondo le finalità e le
modalità indicate nella informativa
privacy presente sul vostro sito